Cari Amici e Lettori, Salve Maria!
Perché parlare ancora di pettegolezzi?
Il pettegolezzo, spesso, si comporta come un ciclo senza fine, una sorta di retroalimentazione che si mantiene viva grazie alla ripetizione e al costante desiderio umano di informazioni, vere o false che siano. Quando sembra che l'impatto iniziale di un pettegolezzo cominci a svanire, sorge quasi automaticamente il bisogno di riaccenderlo, come se fosse una fiamma che non può spegnersi.
Questo fenomeno non accade per caso: il pettegolezzo trova forza nella vulnerabilità altrui e nel piacere momentaneo di condividere qualcosa che ci mette al centro dell’attenzione. Tuttavia, ciò che spesso non comprendiamo è che questo ciclo non solo perpetua i danni iniziali, ma ne amplifica anche le conseguenze. Portando nuovamente questo tema alla luce, vogliamo riflettere sulla necessità di spezzare questa catena dannosa.
Parlare di pettegolezzi significa parlare di noi stessi, di come ci relazioniamo e di come possiamo, con consapevolezza ed empatia, trasformare una cultura di esposizione in una cultura di rispetto. Alla fine, interrompere questo ciclo dipende da scelte quotidiane e da un’attenzione maggiore alle parole che condividiamo.
IL PROBLEMA
Il pettegolezzo è un problema che troviamo all’interno della famiglia, con i vicini, sul posto di lavoro, nel nostro cerchio di amicizie e persino negli ambienti religiosi (parrocchie e apostolati).
Spesso pensiamo che il problema sia solo di chi diffonde i pettegolezzi, ma chi li ascolta con piacere commette lo stesso peccato.
COMPRENSIONE
L’ottavo comandamento proibisce ogni offesa contro l’onore del prossimo e ogni forma di falsità.
L’onore (la buona reputazione) è un bene molto prezioso, poiché permette all’uomo di ottenere beni temporali ed eterni.
Per questo motivo è importante conquistare una buona reputazione agli occhi del prossimo e mantenerla, cosa che si ottiene compiendo opere buone anche davanti agli uomini e difendendo il proprio onore quando viene ingiustamente attaccato.
Siamo, inoltre, obbligati a evitare tutto ciò che offende la reputazione del prossimo: sospetti e giudizi temerari, maldicenze, calunnie, ingiurie e l’accettazione favorevole di mormorazioni contro l’onore altrui.
La calunnia consiste nell’attribuire al prossimo colpe che non ha commesso; quando questa denuncia viene fatta davanti all’autorità, diventa un’accusa falsa.
Chi ascolta con piacere parole che offendono l’onore del prossimo commette lo stesso peccato di chi le pronuncia.
Danneggiare l’onore del prossimo è un peccato tanto più grave quanto maggiore è il danno arrecato.
Chiunque abbia danneggiato la reputazione del prossimo è obbligato a ripararla, sia chiedendo scusa se lo ha fatto in privato, sia con una ritrattazione se lo ha fatto pubblicamente. Chi non vuole riparare il danno causato alla reputazione del prossimo non può ottenere né il perdono di Dio né l’assoluzione del sacerdote.
Chi giudica severamente il prossimo sarà un giorno giudicato severamente da Dio. Giudicare il prossimo è un’ingiustizia verso Dio, poiché si interferisce nella Sua giurisdizione. Chi distrugge la reputazione del prossimo è spesso punito severamente da Dio già in questa vita, cadendo nella disgrazia che aveva preparato per gli altri. Chi ha l’abitudine di danneggiare la reputazione altrui è sulla via della dannazione eterna.
UN CONSIGLIO PER EVITARE IL PETTEGOLEZZO
Un giovane si avvicinò a Socrate e disse che aveva bisogno di raccontargli qualcosa su qualcuno.
Socrate alzò lo sguardo dal libro che stava leggendo e chiese:
– Quello che vuoi raccontarmi è passato attraverso le tre setacci?
– Tre setacci? – chiese il giovane.
– Sì! Il primo setaccio è la VERITÀ. Quello che vuoi raccontarmi sugli altri è un fatto? Se lo hai solo sentito dire, la cosa deve finire qui. Supponiamo che sia vero. Deve quindi passare attraverso il secondo setaccio: la BONTÀ. Quello che vuoi raccontare è una cosa buona? Aiuta a costruire o distruggere il cammino o la fama del prossimo? Se quello che vuoi raccontare è vero e buono, deve ancora passare attraverso il terzo setaccio: la NECESSITÀ. Conviene raccontarlo? Risolve qualcosa? Aiuta la comunità? Può migliorare il mondo?
Socrate conclude:
Se passa attraverso i tre setacci, racconta! Sia io che te e tuo fratello ne trarremo beneficio. In caso contrario, dimenticalo e seppelliscilo. Sarà un pettegolezzo in meno a contaminare l’ambiente e a fomentare discordie tra fratelli e compagni del pianeta.
CONCLUSIONE
Il pettegolezzo può essere un peccato grave.
Il "pettegolezzo", in termini tecnici, comprende due peccati: la maldicenza e la mormorazione.
La prima, la maldicenza, consiste nel rivelare i peccati e i difetti altrui per danneggiarne la fama. Può anche darsi che ciò che si dice sul prossimo non sia inventato – il che sarebbe una calunnia –, ma, comunque, si tratta di un peccato grave. San Tommaso d’Aquino insegna che "privare qualcuno della sua reputazione è molto grave, perché la reputazione è il bene più prezioso tra quelli temporali e, senza di essa, l’uomo si trova impossibilitato a compiere molti beni".
Il Catechismo della Chiesa Cattolica dice che "la maldicenza e la calunnia feriscono le virtù della giustizia e della carità". Per questo motivo, anche se le persone commettono errori e mancanze, è importante coprirle con un velo di carità, come fecero i figli di Noè con la nudità del loro padre nell’Antico Testamento (cfr. Gen 9, 23).
È lecito, quando c’è una ragione grave, rivelare le mancanze di qualcuno. È il caso dei politici, che si sottopongono al giudizio pubblico quando ciò che fanno influisce sul bene comune o compromette l’esercizio del loro ruolo.
La seconda, la mormorazione, consiste nel rivelare i peccati e i difetti altrui per distruggere un’amicizia. Per questo motivo, San Tommaso insegna che la mormorazione è molto peggiore della maldicenza, poiché l’amicizia è un bene molto maggiore della buona fama: "Un amico è il più prezioso tra i beni esteriori".
Pertanto, sia nel parlare che nel tacere, è necessario agire con carità, "che è il vincolo della perfezione" (Col 3, 14).
Nota: Il nostro testo è una compilazione di diversi altri testi.
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